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Brevettare o non brevettare, questo è il problema!

di Francesco Paolo Vatti
Mandatario in Proprietà Industriale presso Fumero S.r.l. Milano

È migliore la scelta di CocaCola e Nutella o quella di Edison e Campari?

Proteggersi e rivelare o tenere celato e rischiare?

Scegliere se depositare un brevetto o non farlo non è un passaggio banale: la decisione può influenzare il futuro della propria invenzione, della propria azienda, addirittura il proprio futuro.

Non sono solo considerazioni di natura tecnica, ma anche – e per certi versi soprattutto- di natura strategica, perché quando si brevetta, si decide contestualmente di rendere pubblico a tutto il mondo il contenuto della propria invenzione, dato che un valido brevetto deve necessariamente contenere una descrizione in grado di consentire a un tecnico del ramo di eseguire l’invenzione, senza dover aggiungere particolari non specificati.

Chiunque si debba affacciare al mondo dei brevetti scopre (spesso sulla propria pelle) che vi sono requisiti ben precisi per ottenere un valido brevetto di invenzione. E’, prima di tutto, necessario che l’invenzione sia nuova, mai descritta da nessuno in maniera pubblica. Secondariamente, la differenza da tutto ciò che sia stato pubblicato nel settore non deve essere ovvia per un esperto della tecnica, cosa non sempre facile e univoca da stabilire. Inoltre (ma questo quasi sempre si verifica) l’oggetto dell’invenzione deve poter essere prodotto o usato o messo in opera in un’industria.

Non solo, è proprio l’ultimo requisito -la cosiddetta sufficiente descrizione- quella che pone alla fine l’inventore in una situazione di dilemma, a volte drammatica: “brevettare o non brevettare?”, perché devo prendere in esame le conseguenze della mia decisione.

Infatti, brevettare significa prima di tutto informare il mondo sulla propria idea, senza omissioni di rilievo (resta un po’ di spazio per non descrivere il cosiddetto know how, ma i principi cardine dell’invenzione devono essere chiaramente esposti e, comunque, il quadro generale entro cui si trova il know how deve essere descritto almeno in linea di principio). In questo modo, in un certo tempo (normalmente venti anni) tutto il mondo potrà mettere in pratica la mia invenzione, senza il mio controllo, magari vendendone i frutti a prezzi più competitivi del mio. Inoltre, la maggior parte dei Paesi del mondo prevede che già durante la vita del brevetto, il titolare non possa proibire a un terzo di eseguire l’invenzione a puro scopo di studio su di essa, purché solo nell’ambito e nei limiti imposti da tale sperimentazione (esenzione Bolar). Ciò fa sì che un concorrente, partendo da quanto legge nel mio brevetto, possa arrivare a proporre già oggi una miglioria della mia idea.

Da un lato, dunque, abbiamo il brevetto, che mi permette di avere l’esclusiva sullo sfruttamento della mia invenzione, dall’altro il segreto che mi permette di non far sapere a nessuno come io stia agendo. Esempi fulgidi di segreto industriale sono, come accennato all’inizio, la Coca Cola e la Nutella.

E’ indubbio che riuscire a mantenere il segreto offre una protezione sull’invenzione potenzialmente eterna (mi pare che la Coca Cola sia stata inventata intorno al 1860). Questo sembrerebbe poter mettere la parola fine sul deposito e sull’uso dei brevetti. In realtà, le cose non stanno proprio così. Come si può immaginare, mantenere un segreto industriale è estremamente complicato: bisogna far sì che le informazioni non escano dall’azienda. Questo non sempre è facile, anche perché occorre che qualcuno all’interno il segreto lo conosca completamente e chiunque conosca un segreto potrebbe essere indotto a rivelarlo per i più svariati motivi (denaro, vendetta, distrazione…). Anche se la divulgazione del segreto avvenisse in modo truffaldino e ciò venisse dimostrato, ci si potrebbe al massimo rivalere su chi ha svelato il segreto, ma, non essendoci brevetto, non si potrebbe impedire a chiunque altro che venga raggiunto da questa divulgazione di mettere in pratica l’invenzione, dato che non ci sarebbe uno strumento giuridico per impedirlo. Inoltre, anche fra le più brillanti invenzioni esistono oggetti estremamente semplici, una mera osservazione dei quali porti il tecnico del ramo a comprenderne la struttura o la composizione. In questo caso, il semplice acquisto di un prodotto potrebbe consentire a un terzo di mettere in pratica l’invenzione.

Dunque, conviene fidarsi del segreto solo per oggetti o composizioni (più frequentemente) molto complessi, tanto da impedirne la ricostruzione a posteriori (come avviene, per esempio, nelle mescole per gli pneumatici) o per processi di produzione e solo laddove ci si possa fidare assolutamente delle proprie capacità di mantenere il segreto, tenendo presente che tale capacità deve tenere conto delle altre persone che lavorano con noi sul progetto. In tutti gli altri casi, la brevettazione è sicuramente preferibile, dando magari un tempo di sfruttamento più breve, ma in condizioni di maggiore sicurezza e senza dover approntare un complicato e costoso apparato di difesa del segreto.

Che cosa decidereste di fare nel vostro caso? Preferite la sicurezza a tempo, o mantenere la segretezza all’infinito?