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Troll e bullismo nel settore brevettuale

di Francesco Paolo Vatti
Mandatario in Proprietà Industriale presso Fumero S.r.l. Milano

Nel mondo dei brevetti, soprattutto statunitense, si parla spesso dei cosiddetti “patent trolls”, piccole società (talora semplici individui) che depositano brevetti unicamente allo scopo di ostacolare l’attività di grandi aziende multinazionali e ottenere da esse risarcimenti miliardari per contraffazione o accordi di licenza economicamente molto vantaggiosi per il troll stesso.

Un articolo controcorrente, uscito recentemente sulla rivista on-line IP Watch Dog, mette in luce come la realtà possa presentare aspetti speculari a quello sopra descritto, in quanto vi sarebbe una forma di bullismo da parte delle grandi aziende nei confronti delle piccole. Il fenomeno del bullismo potrebbe anche essere molto maggiore di quello dei troll, ma ha certamente una risonanza molto minore sia perché non fa “notizia”, sia grazie alle relazioni che le industrie molto grandi hanno col mondo della stampa e, frequentemente, della politica.

L’articolo completo si può leggere qui

Uno degli esempi di bullismo che l’articolo riporta è il furto di tecnologia: piccole imprese che siglano con grandi compagnie accordi di segretezza non basati su brevetti. Spesso le grandi compagnie in questione semplicemente usano le informazioni e violano l’accordo, dato che una causa per ottenere i danni non basata su un diritto IP ha un esito molto incerto ed è quasi sempre eccessivamente onerosa per la piccola impresa, sia in termini di fornitura delle prove che in termini economici. Inoltre, la grande compagnia ha molte più possibilità di usare, nell’eventuale controversia legale, l’arma della dilazione che, quando vi è una grande disparità economica tra le parti, si rivela molto efficace.

L’articolo fa poi presente come la legislazione statunitense sia fatta per proteggere la grande impresa contro il piccolo troll, ma non per proteggere la piccola impresa dalla grande “bulla”.

D’altra parte le piccole imprese spesso hanno un rilevante interesse ad entrare in relazione commerciale con una grande compagnia, che ha i mezzi economici e le aperture di mercato necessari per immettere con successo e rapidamente sul mercato un prodotto o un servizio innovativo. Che fare dunque? L’unica risposta vincente, non potendo conoscere a priori il grado di etica della controparte, è quella di contrapporre al possibile interesse della grande compagnia ad appropriarsi gratuitamente dei frutti della ricerca di una piccola impresa, il timore della pubblicità negativa che può derivarle dalla contraffazione di un diritto anteriore regolarmente registrato. Proteggere le proprie innovazioni con brevetti e registrazioni, ogni volta che sia possibile, è dunque un’esigenza imprescindibile per una piccola impresa che voglia entrare in relazione con una grossa compagnia, in modo da poter dimostrare – facilmente, in modo inoppugnabile e con data certa – la propria paternità all’innovazione stessa.